IL CASO. Una madre, titolare dell’assegno di contribuzione al mantenimento delle due figlie minori, a fronte dell’inadempimento del coniuge, percettore del reddito di cittadinanza, proponeva ricorso ai sensi dell’art. 156 co.4 c.c., il quale prevede che “in caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto”. La signora chiedeva, oltre al sequestro della quota di proprietà del marito dell’immobile adibito a casa coniugale, l’emissione dell’ordine di pagamento di una somma pari all’assegno di mantenimento al Ministero del Lavoro e/o all’INPS.
Il marito si opponeva tanto alla richiesta di sequestro (per la sproporzione tra la quota di proprietà dell’immobile ed il debito verso la moglie), quanto alla domanda di pagamento diretto, stante la ritenta impignorabilità del reddito di cittadinanza.
LA DECISIONE. Il Tribunale di Trani, con provvedimento del 30.1.2020, richiamate alcune pronunce della Suprema Corte in materia di separazione personale e versamento diretto da parte dei terzi tenuti a corrispondere periodicamente delle somme al coniuge inadempiente all’obbligazione di mantenimento, e ritenuto provato e comunque non contestato l’inadempimento, ha accolto il ricorso ex art. 156 co. 4 c.c. e per l’effetto ha quindi autorizzato il sequestro della quota del 75% dell’immobile di proprietà del marito ed ordinato all’INPS di versare direttamente e mensilmente alla moglie l’importo corrispondente all’assegno di mantenimento prelevandolo dal reddito di cittadinanza.
Quanto, in particolare, all’ordine al terzo disposto ai sensi dell’art.156 c.c., il Tribunale ha ritenuto che lo stesso possa essere disposto anche cumulativamente e quindi contemporaneamente al sequestro dei beni del coniuge inadempiente, costituendo l’“unico strumento di sicura attuazione del credito dell’istante”, in quanto l’inadempimento dell’obbligo di mantenimento genera fondati dubbi sulla tempestività dei futuri pagamenti.
Secondo il Tribunale, il reddito di cittadinanza – introdotto quale “misura di politica attiva dell’occupazione” contro la povertà, la diseguaglianza e l’esclusione sociale – può “essere utilizzato per i bisogni primari delle persone delle quali il titolare ha l’obbligo di prendersi cura, anche se non fa più parte dello stesso nucleo familiare” e ne è ammessa la sua piena pignorabilità senza l’osservanza dei limiti di cui all’art. 545 c.p.c..
Infatti, conformemente a quanto espresso dalla dottrina, il reddito di cittadinanza non ha natura alimentare e non deve ritenersi soggetto alle disposizioni che prevedono divieti di pignorabilità, avendo queste ultime carattere eccezionale: “una volta ammessa la piena pignorabilità del reddito di cittadinanza, non sussiste alcuna ragione né logica né giuridica, per escludere l’ammissibilità dell’ordine di pagamento diretto al coniuge di una quota del reddito di cittadinanza erogato all’atro, inadempiente agli obblighi scaturenti dalla separazione”.