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La notifica della sentenza alla parte personalmente presso il procuratore costituito determina il decorso del termine breve di impugnazione.

IL CASO. Adita per la riforma della sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Roma aveva rigettato il ricorso di una Cooperativa che pretendeva dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria il pagamento dei contributi per l’editoria ex art. 3 L. 250/1990 per l’anno 2007, la Corte d’Appello capitolina accoglieva il gravame, condannando la Presidenza del Consiglio al pagamento dei contributi richiesti oltre alla refusione delle spese di lite dei due gradi di giudizio.

La decisione, depositata in data 25.10.2015, veniva impugnata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’informazione e l’Editoria con ricorso notificato in data 22.2.2016.

Resisteva con controricorso notificato il successivo 29 marzo la Cooperativa, che eccepiva in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per tardività ex art. 325, comma II, c.p.c., per essere stato lo stesso proposto solo in data 22.2.2016 pur a fronte della notifica – in data 16.12.2015 – della sentenza d’appello in forma esecutiva alla Presidenza del Consiglio presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che l’aveva rappresentata nel giudizio di secondo grado.

LA DECISIONE. L’ordinanza n. 2974 del 7.2.2020, in commento, fornisce alla Suprema Corte l’occasione per interrogarsi ancora una volta sulla validità, al fini del decorso del termine breve di impugnazione, della notifica della sentenza (peraltro, spedita in forma esecutiva) effettuata non al difensore costituito – come imporrebbe l’art. 170 c.p.c., cui l’art. 285 c.p.c., in tema di modo di notificazione della sentenza, fa rinvio – bensì alla parte personalmente presso il difensore domiciliatario ex lege.

Osserva preliminarmente la Corte che, ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, è ininfluente la spedizione o meno in forma esecutiva della sentenza, ben potendo anche una notificazione eseguita in forma esecutiva determinare il decorso del termine breve, purché diretta al soggetto legittimato a riceverla.

Quanto invece al destinatario della notificazione, ad opinione degli ermellini la notifica della sentenza effettuata alla parte personalmente presso il procuratore costituito anziché direttamente a quest’ultimo è egualmente idonea a determinare la decorrenza del termine breve ex art. 325, comma II, c.p.c., considerato che “entrambe le forme di notificazione soddisfano l’esigenza di assicurare che la sentenza sia portata a conoscenza della parte per il tramite del suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a vagliare l’opportunità dell’impugnazione”. Ciò che conta è, però, che il procuratore sia individuato specificatamente in modo da garantire a costui la possibilità di avere concreta conoscenza dell’atto e valutare, così, l’opportunità di proporre l’impugnazione.

Tale orientamento era d’altronde stato fatto proprio dal Supremo Consesso già in precedenti pronunce, tra le quali l’ordinanza n. 18493 del 01/09/2014 e le sentenze n. 20193 del 18/09/2009, n. 13546 del 11/06/2009 e n. 11216 del 08/05/2008.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte constata quindi la tardività nel caso di specie del ricorso, notificato solo sessantotto giorni dopo la notifica della sentenza impugnata e, dunque, potenzialmente inammissibile.

Sulla scorta del principio giurisprudenziale di prevalenza delle ragioni di improcedibilità su quelle di inammissibilità, tuttavia, i giudici di legittimità, rilevato come il ricorrente non avesse depositato nel termine di cui all’art. 369, comma I, c.p.c., la copia della sentenza con la relata di notifica, dichiarano l’improcedibilità del ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio.

Cass. 2974 – 2020