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LA REVOCATORIA A CASCATA: IMPLICAZIONI PRATICHE DI UN “CASO DI SCUOLA”

Il Tribunale di Vicenza con sentenza n.2478 depositata in data 29.11.2019 (Trib. Vicenza 2478_2019), affronta il tema della revocatoria a cascata, fattispecie che si realizza quando l’esperimento della seconda azione, a cascata appunto, è subordinata al positivo esito della prima.

Il caso deciso riguardava l’esperimento di un’azione ex art. 2901 c.c., da parte del Curatore fallimentare di una società, volta a neutralizzare gli effetti di un’iscrizione ipotecaria eseguita in favore di una Banca, a seguito del conferimento di un compendio immobiliare, attraverso il quale la predetta società era entrata nella compagine sociale di altra società sottoscrivendo un aumento di capitale, e successivamente ne era stata estromessa senza ricevere alcun corrispettivo.

Tale evento era risultato decisivo nel condurre al fallimento della società, dichiarato dallo stesso Tribunale  di Vicenza pochi mesi dopo.

La Curatela, per recuperare il compendio, in primo luogo, esperiva vittoriosamente un’azione revocatoria fallimentare, ex art. 67, comma 1, n. 1, l.f. allo scopo di veder dichiarare inefficace nei confronti della massa dei creditori l’atto di conferimento. La decisione però, pur rendendo inefficace il conferimento nei confronti della massa dei creditori, non “sterilizzava” l’iscrizione ipotecaria, rendendo necessario l’esperimento di una ulteriore azione revocatoria, questa volta ai sensi dell’art. 2901 c.c., che anche in tale caso veniva accolta dal Tribunale.

La sentenza in commento presenta due profili di particolare rilevanza sui quali è opportuno soffermarsi.

In primo luogo si evidenzia come il Fallimento abbia esercitato a cascata, non tanto un’azione revocatoria fallimentare, così come era stato fatto per ottenere la dichiarazione di inefficacia nei confronti della massa dei creditori dell’atto di conferimento del  compendio immobiliare, ma un’azione revocatoria ordinaria.

Per comprendere tale scelta è necessario indagare sul rapporto tra l’azione revocatoria fallimentare e quella ex art. 2901 c.c.. Secondo quanto sostenuto dalla migliore giurisprudenza [1], infatti, l’art. 67 l.f. non sarebbe applicabile agli atti di acquisto da parte dei subacquirenti con l’inevitabile conseguenza che l’azione revocatoria a cascata dovrebbe necessariamente presentare i caratteri dell’azione revocatoria ordinaria, con conseguente aggravio dell’onere della prova in capo alla Curatela, tenuta a dimostrare, come ha fatto nel caso in esame, anche la malafede del terzo. E’ necessario, però, evidenziare come tale assetto presenti anche un elemento di favore per chi deve agire, dato dal termine di prescrizione quinquennale dell’azione ex art. 2901 c.c..

La seconda questione, invece, attiene all’oggetto dell’azione in parola, che riguarda la richiesta di inefficacia non tanto di un atto di trasferimento, ma bensì di un atto di costituzione di garanzia reale.

In tale caso non è sufficiente indagare sul disposto dell’art. 2901 c.c., che si limita, laconicamente, ad indicare, quali atti suscettibili di essere revocati, quelli “di disposizione del patrimonio”, ma è necessario guardare alla giurisprudenza, che, oramai consolidata sul punto, ha specificato l’estensione operativa di tale inciso, affermando che “ai sensi dell’art. 2901, comma 1, c.c. così come interpretato dalla prevalente giurisprudenza di legittimità per “atto di disposizione” deve intendersi l’atto con cui il debitore dismette la proprietà di un cespite ovvero rinunzia ad un diritto, nonché quello con cui conferisce dei beni in un fondo patrimoniale ovvero concede una garanzia reale (pegno o ipoteca) o attribuisce un diritto reale di godimento.” [2]


[1] Cass. Civ., Sez. VI, n. 19918 del 9.8.2017 in Giustizia Civile Massimario

[2] Tribunale di Monza, Sez. I, n. 2306 del 19.8.2016 in Redazione Giuffrè