7

Le Sezioni Unite si pronunciano sulla competenza a provvedere sulla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel giudizio di Cassazione e sui presupposti per la debenza di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

IL CASO. Il Giudice di Pace di Napoli accoglieva la domanda di condanna al pagamento delle competenze professionali proposta dall’attore per una perizia eseguita – ai fini della liquidazione del danno in relazione ad un sinistro stradale – per conto di una società assicurativa.
Detta decisione veniva impugnata avanti il Tribunale di Napoli che, avendo ravvisato nell’iniziativa dell’attore un abusivo frazionamento del credito (erano stati infatti instaurati distinti giudizi per pretese creditorie relative a sinistri stradali differenti ma riconducibili all’unico rapporto contrattuale d’opera intercorrente tra le parti), riformava la decisione di primo grado rigettando la domanda attorea. Oltre che improponibile per il suesposto motivo, la domanda si presentava altresì infondata nel merito, essendo intercorso un accordo tra le parti in relazione al compenso di ciascuna perizia eseguita.
Il professionista che aveva agito in giudizio, nel proporre ricorso per Cassazione avverso la pronuncia del Giudice dell’impugnazione, depositava il decreto di ammissione provvisoria al patrocinio a spese dello Stato deliberato dal proprio Consiglio dell’Ordine degli Avvocati. Stante la richiesta di rigetto del ricorso e di revoca dell’ammissione provvisoria al gratuito patrocinio avanzata dal Procuratore Generale, gli atti venivano trasmessi al Primo Presidente e quindi assegnati alle Sezioni Unite, ritenendosi necessario risolvere la questione di diritto – sulla quale si erano formati due inconciliabili orientamenti delle Sezioni Semplici – relativa al potere della Suprema Corte di procedere alla revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
LA DECISIONE. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 4315 depositata in data 20.2.2020, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, condannando parte ricorrente non solo al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, ma anche al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c., nonché al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Vagliata anzitutto la manifesta infondatezza di tutti i motivi di ricorso (in particolare quanto al motivo relativo alla ritenuta sussistenza di abuso del processo per illecito frazionamento della domanda, per essere la decisione del Tribunale di Napoli conforme al principio di diritto già affermato dalle stesse Sezioni Unite), e la condotta processuale del ricorrente connotata da colpa grave, tale da integrare un abuso del processo, le Sezioni Unite hanno quindi preso in esame la questione di diritto rimessa dalla Sezione Semplice al fine di stabilire se la “Suprema Corte possa provvedere, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 136, alla revoca del provvedimento di ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato ovvero se a tale revoca debba provvedere il giudice di merito”.
Dopo aver ripercorso le tappe evolutive dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato, oggi regolato dal D.P.R. 115/2002, ed evidenziato che la sua ammissione “è disposta, su istanza dell’interessato, dal Consiglio dell’ordine degli avvocati “in via anticipata e provvisoria” (art. 126 T.U.S.G.), sulla base della sola documentazione presentata dal richiedente” e sempre che sussistano i due presupposti richiesti (limite di reddito e non manifesta infondatezza delle pretese azionate), le Sezioni Unite ne hanno approfonditamente analizzato la disciplina. In particolare, quanto alla revoca del decreto di ammissione da parte del Giudice, la stessa può essere disposta qualora intervengano nel corso del processo modifiche alle condizioni reddituali del richiedente (con efficacia ex nunc) ovvero nel caso in cui risultino insussistenti i requisiti per l’ammissione o l’interessato abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave (in questo caso con efficacia ex tunc) (ex art. 136 D.P.R. 115/2002). In entrambi i casi, il giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la revoca dell’ammissione al patrocinio è indipendente dal giudizio sulla fondatezza del ricorso spettante alla Corte di Cassazione e la revoca deve essere disposta con autonomo provvedimento, adottabile in ogni tempo allorquando vengano meno i presupposti richiesti.
Sulla base di tali argomentazioni e poiché: alla Corte di Cassazione non possono essere attribuiti compiti estranei alla funzione della c.d. nomofilachia se non in forza di espressa previsione di legge; gli accertamenti di fatto e le valutazioni di merito che implica il provvedimento di ammissione travalicano le funzioni attribuiti alla Suprema Corte; la revoca è sottoposta ad un autonomo regime impugnatorio (l’opposizione di cui all’art. 170 D.P.R 115/2002, ovvero il ricorso al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato), le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio di diritto:
In tema di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione al detto patrocinio spetta, per il giudizio di cassazione, al giudice di rinvio ovvero – nel caso di mancato rinvio – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato“. – “Salvo il caso in cui la causa sia stata rimessa al giudice di rinvio, il giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 388 c.p.c., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 136 T.U.S.G. per la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato cui una delle parti sia stata ammessa“.
Nella medesima pronuncia, la Suprema Corte, con un’articolata esposizione, enuncia altresì specifici principi di diritto quanto ai presupposti per il raddoppio del contributo unificato (c.d. doppio contributo), avente natura di debito tributario e funzione anche preventivo-deterrente:
La debenza di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione è normativamente condizionata a “due presupposti”, il primo dei quali di natura processuale – è costituito dall’aver il giudice adottato una pronuncia di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell’impugnazione, mentre il secondo – appartenente al diritto sostanziale tributario – consiste nella sussistenza dell’obbligo della parte che ha proposto impugnazione di versare il contributo unificato iniziale con riguardo al momento dell’iscrizione della causa a ruolo. L’attestazione del giudice dell’impugnazione, ai sensi all’art. 13, comma 1 quater, secondo periodo, T.U.S.G., riguarda solo la sussistenza del primo presupposto, mentre spetta all’amministrazione giudiziaria accertare la sussistenza del secondo“;
Il giudice dell’impugnazione non è tenuto a dare atto della non sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato quando il tipo di pronuncia non è inquadrabile nei tipi previsti dalla norma (pronuncia di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell’impugnazione), dovendo invece rendere l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1-quater, T.U.S.G., solo quando tali presupposti sussistono“;
Poichè l’obbligo di versare un importo “ulteriore” del contributo unificato è normativamente dipendente – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, T.U.S.G. – dalla sussistenza dell’obbligo della parte impugnante di versare il contributo unificato iniziale, ben può il giudice dell’impugnazione attestare la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento del doppio contributo, condizionandone la effettiva debenza alla sussistenza dell’obbligo di versare il contributo unificato iniziale“;
Il giudice dell’impugnazione, ogni volta che pronunci l’integrale rigetto o l’inammissibilità o la improcedibilità dell’impugnazione, deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato anche nel caso in cui quest’ultimo non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venir meno (come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato); mentre può esimersi dalla suddetta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo“.
Facendo applicazione dei suesposti principi di diritto, la Suprema Corte nella sua composizione a Sezioni Unite, ha ritenuto spetti al Tribunale di Napoli, quale giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, ogni determinazione circa l’eventuale determinazione dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, così come spetta all’amministrazione giudiziaria “verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento“.

Cass. S.U. 4315 2020